CONSENSO INFORMATO – VIOLAZIONE
Tribunale di Milano – Sez. I civile – n. 6741– 14 giugno 2018 – G.U.
Consenso informato – Violazione – Responsabilità del sanitario – Danni conseguenti – Lesione del diritto all’autodeterminazione – Onere della prova.
Il consenso informato costituisce di norma legittimazione e fondamento del trattamento sanitario.
Senza il consenso informato l’intervento del medico è – al di fuori dei casi di trattamento sanitario per legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità – sicuramente illecito, anche quando sia nell’interesse del paziente.
La responsabilità del sanitario per violazione dell’obbligo del consenso informato discende: a) dalla condotta omissiva tenuta in relazione all’adempimento dell’obbligo di informazione in ordine alle prevedibili conseguenze del trattamento cui il paziente sia sottoposto; b) dal verificarsi – in conseguenza dell’esecuzione del trattamento stesso e quindi in forza di un nesso di causalità con essa – di un aggravamento delle condizioni di salute del paziente.
Non assume invece alcuna influenza, ai fini della sussistenza dell’illecito per violazione del consenso informato, se il trattamento sia stato eseguito correttamente o meno.
Ciò perché, sotto questo profilo, ciò che rileva è che il paziente, a causa del deficit di informazione, non sia stato messo in condizione di assentire al trattamento sanitario con una volontà consapevole delle sue implicazioni, consumandosi, nei suoi confronti, una lesione di quella dignità che connota l’esistenza nei momenti cruciali della sofferenza fisica e psichica (v. anche Cass. 28.7.2011 n. 16543).
Il medico è tenuto ad informare il paziente dei benefici, delle modalità di intervento, dell’eventuale scelta tra tecniche diverse, dei rischi prevedibili.
In ordine alle modalità e ai caratteri del consenso, è stato affermato che il consenso deve essere anzitutto personale, deve cioè essere prestato dal paziente (ad esclusione evidentemente dei casi di incapacità di intendere e volere dello stesso); deve poi essere specifico ed esplicito (Cass. 23 maggio 2001, n. 7027); deve essere reale ed effettivo, sicché non è consentito il consenso presunto; e deve altresì essere attuale nei casi in cui ciò sia possibile (v. Cass. 16 ottobre 2007, n. 21748).
Ciò posto, si osserva che, come chiarito da tempo dalla giurisprudenza di legittimità (v. Cass. n. 2847/10), i danni non patrimoniali astrattamente risarcibili, purché derivanti da una lesione di apprezzabile gravità (secondo i canoni delineati dalle sentenze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nn. 26972/08 e 26974/08), possono essere di duplice natura: 1) quelli conseguenti alla lesione del diritto all’autodeterminazione del paziente; 2) quelli conseguenti alla lesione del diritto all’integrità psico-fisica del paziente, tutelato dall’art. 32 Cost.
Chi invoca la lesione del diritto all’autodeterminazione (la violazione del diritto ad esprimere un valido consenso su un intervento chirurgico poi subìto), deve allegare in modo specifico (così fornendo al giudice precisi elementi di fatto noti dai quali ricavare, in via presuntiva, i fatti ignoti che si intende provare) che, a causa dell’omessa o incompleta informazione, ha perso (in via tra loro cumulativa o alternativa) la possibilità di autodeterminarsi scegliendo, in modo meditato, il luogo ove eseguire l’intervento chirurgico poi effettuato, i medici dai quali farsi operare, i tempi dell’intervento nonché la possibilità di elaborare la necessità del predetto intervento.
Sul punto giova ricordare quanto recentemente affermato dalla Corte di Cassazione (chiamata a pronunciarsi in merito ad una richiesta di risarcimento per danni da violazione del consenso informato, in caso di intervento, correttamente eseguito, che aveva costituito l’unica alternativa per guarire l’attrice, Cass. 12205/2015): “Poiché l’informazione sull’atto medico da eseguirsi e sulle sue conseguenze, una volta data al paziente, avrebbe posto costui nella condizione di decidere se autorizzare o non autorizzare il medico all’esecuzione dell’intervento proposto e poiché tra i contenuti possibili concreti che l’esercizio di tale potere di determinazione può assumere, vi può essere sia la scelta di restare nelle condizioni che secondo il medico imporrebbero l’intervento anche se pregiudizievoli, sia la scelta di riflettere e di determinarsi successivamente, sia e soprattutto quella di rivolgersi altrove, cioè ad altro medico, prima di determinarsi, è palese che un effetto della condotta di omissione dell’informazione seguita dall’esecuzione dell’atto medico, che integra danno conseguenza, si individua nella preclusione della possibilità di esercitare tutte tali opzioni. Preclusione che integra danno conseguenza perché si concreta nella privazione della libertà del paziente di autodeterminarsi circa la sua persona fisica. Libertà che, costituendo un bene di per sé, quale aspetto della generica libertà personale, viene negata e quindi risulta sacrificata irrimediabilmente, sì che si configura come “perdita” di un bene personale”.